Massimo Zavoli Massimo Zavoli
"La mano è la finestra della mente"
(I. Kant)

Il torchio calcografico

Incisione all'acquaforte-acquatinta

 

massimo zavoli e il torchio

 

"NON SONO STATO IO A CERCARE IL TORCHIO,

LUI HA TROVATO ME"

 

Quando suoni alla porta di Massimo Zavoli ti accoglie Arturo, guardiano della soglia di tutto rispetto. Sdraiato sullo zerbino, non esita un istante ad esternare, con tipica arte felina, la propria simpatia. Prima si mette supino, con le zampette distese, poi, dopo una serie di giravolte, ti si struscia sui pantaloni con il manto cinerino, invitandoti senza mezzi termini, con la coda ben dritta, ad entrare. Anticipando, da perfetto anfitrione, l'ospite, ti indica le scale che conducono ad un ampio salone e al laboratorio in cui, grazie alla passione dell'artista, ha ripreso vita il torchio che appartenne ad Aurelio De Felice (1915 – 1996). Non un semplice strumento per la stampa ma un vero e proprio alambicco utilizzato per più di quarant'anni da De Felice per materializzare centotrenta straordinarie acqueforti e sperimentare, come ha scritto Italo Faldi, nuove tecniche: fondi graffiati con fittissimi reticolati di linee di impercettibile spessore, ampie fasce bianche di contorno che circoscrivono le forme e ne individuano i profili con effetto di negativo fotografico, che pervengono a risultati di non comune intensità espressiva. Dopo la morte di Aurelio, il torchio è rimasto a lungo inerte, solitario custode, nella penombra di una disabitata mansarda, di sogni, visioni, memorie, finché Pericle (detto Dante), nipote dello scultore di Torre Orsina, non ha deciso di donarlo a Zavoli. E ha fatto bene, molto bene. Non sarebbe potuto finire in mani migliori. L'artista gli presta, infatti, le stesse attenzioni, oseremmo dire le stesse premure, che riserverebbe ad un figlio. Quando lo mostra, spiegandone le funzioni, non riesce giustamente a trattenere un misto di orgoglio, commozione e timore per l'onore e la responsabilità di accudire ad un bene così prezioso. Realizzato dalla ditta Paolini di Urbino, dotato di un nuovo feltro rotante, il torchio conosce adesso una nuova stagione. Massimo ne parla riconoscendo il proprio debito, umano e artistico, nei confronti di De Felice e di Roberto Bellucci, un altro autore per cui prova smisurata ammirazione. È a Bellucci che, dice, si deve il perfezionamento della tecnica adoperata, con la scelta accurata di lastre di rame crudo, la meticolosa preparazione dell'inchiostro e la non meno puntigliosa stesura sulle trame incise.

Francesco Pullia

 

targa aurelio de felice

La targa apposta sul torchio e l'artista Aurelio De Felice.

 

 

LA CONSEGNA DEL TORCHIO

 

bellucci de_felice zavoli torchio

Pericle De Felice (erede dell'artista Aurelio De Felice) ha in mano la targa da applicare sul torchio che ha donato a Massimo Zavoli nel mese di luglio 2009.

 

de_Felice Bellucci Zavoli torchio

Il posizionamento della targa.

 

Bellucci torchio

L'artista Roberto Bellucci, amico di Aurelio De Felice, blocca definitivamente la targa sul torchio.

 

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Mi sono avvicinato al mondo dell’acquaforte quando ero studente all’Istituto Statale d'Arte di Terni, il cui direttore, in quegli anni, era lo scultore ternano Aurelio De Felice (considerato uno dei più importanti esempi della scultura del ’900). De Felice aveva bisogno di un aiuto presso il suo studio di Torre Orsina (TR), e li ho avuto modo oltre che immergermi nelle sue varie arti, di ammirare le sue sculture, i suoi quadri e le sue acqueforti.

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